Sedazione profonda con Propofol nelle procedure endoscopiche da parte di personale non anestesista

AUTORI

Luca Rodella, Angelo Cerofolini, Attilio Maurano, Giovanni Riccio, Francesco Lombardo, Filippo Catalano, Adriano Tagliaferri, Fausto Fiocca, Luca Bandettini, Caterina Foppa, Domenico Cattaneo, Rosa M. Bozzi, Angelo Pezzullo, Erminio Capezzuto, Carmelo Sciumè, Lorenzo Norberto, Giovanni Ricco, Pietro Schettino

ABSTRACT

Propofol è un sedativo ipnotico a breve durata d’azione utilizzato dagli anestesisti da più di vent’anni. E’ un farmaco sicuro che consente un rapido recupero post-procedura ma che deve essere usato da personale altamente preparato con competenze di tipo “anestesiologico”. Il suo utilizzo in endoscopia è un argomento molto dibattuto ed in evoluzione. Il farmaco consente ridotti tempi di sedazione, un più rapido risveglio, una maggiore soddisfazione post-procedurale per il paziente ed una più rapida dimissione con un conseguente accelerato turnover dei pazienti.
L’endoscopia sotto sedazione è ormai preferita dal 40-60% dei pazienti i quali desiderano sottoporsi ad un esame senza dolore e risvegliarsi il prima possibile. Tuttavia, è esperienza comune che la richiesta pressoché quotidiana della presenza di un anestesista, dato l’incremento delle attività di endoscopia interventistica, incontra notevoli difficoltà e resistenze. La sedazione con propofol gestita da personale non anestesista (Non-Anesthesiologist-Administered Propofol: NAAP) permetterebbe dunque di far fronte ai anche ai limiti di organico degli anestesisti.
La sedazione con propofol, come dimostrano i più recenti contributi della letteratura, rappresenta ormai uno standard qualitativo irrinunciabile. Nel 2009, sono stati riportati i dati sulla sedazione con propofol applicata da endoscopisti su 646.080 pazienti, dimostrando che il farmaco presenta un minor tasso di mortalità rispetto all’uso di benzodiazepine ed oppioidi (1:150.000 vs 1:50/80.000) ed anche che la gestione da parte di anestesisti non ha portato a significativi benefici, comportando, anzi, un aggravio sensibile dei costi. Propofol, nell’1-2% dei casi, causa, però, depressione cardio-respiratoria che può essere risolta solo da chi abbia competenza anestesiologica od abbia eseguito un completo e accurato training in tecniche di sedazione e sappia realmente applicare correttamente le metodiche di ALS (Advanced Life Support) per trattare rapidamente l’apnea e l’ipotensione, a maggior ragione visto che manca un farmaco antagonista specifico. Scopo di questa procedura è dunque di illustrare le ragioni che stanno portando all’utilizzo sempre più diffuso della sedazione con propofol da parte di personale non anestesista (NAAP), valutandone vantaggi e rischi e descrivendo le misure di sicurezza da adottare.

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